Un romanzo (documentato) sulla tratta di esseri umani è il punto di partenza per analizzare un fenomeno definito da Papa Francesco “Ferita dell’umanità”, sotto molti punti di vista: la morale cattolica, la nuova direttiva europea, la salute psicologica, il lavoro. Per rendere effettivo un contrasto a tutto campo che deve essere indifferibile.
Il 10 aprile 2024 l’europarlamentare Anna Bonfrisco ha promosso per conto del Gruppo Identità e Democrazia il dibattito dal titolo “Shopping pericoloso: contrasto al crimine della schiavitù moderna” che è tato diffuso sul web grazie al servizio di webstreaming del Parlamento europeo.
«Il traffico di esseri umani è la vergogna della civiltà umana e smentisce quegli avanzamenti nelle libertà e nei diritti che ci sono più cari e che ci contraddistinguono come nazioni civili», ha esordito l’europarlamentare. «La tratta di esseri umani trascende i confini culturali, sociali, linguistici e geografici delle nazioni ed è sempre un crimine contro una persona e una violazione dei diritti umani. In un ambiente geopolitico dove gli sfollamenti forzati e la migrazione sono in forte aumento, le persone che ricorrono ai trafficanti corrono un rischio maggiore di diventare vittime della tratta di esseri umani. Desidero sottolineare come a livello di reti criminali transnazionali, i profitti del traffico di esseri umani forniscano ai criminali l’opportunità di promuovere i loro interessi geopolitici, che sono opposti e in competizioni con i nostri. Ma ci sono anche singoli individui o famiglie che nell’egoismo delle loro menti fredde, approfittano di situazioni fragili altrui per adescare lavoratrici o lavoratori a costo zero, riducendoli in schiavitù. Questi attori criminali considerano la tratta di esseri umani, compreso il traffico sessuale e il lavoro forzato, come un crimine a basso rischio. Questo deve cessare».
Ha poi ricordato due eventi internazionali: a Palermo nel 2023 in occasione dell’anniversario dei primi 20 anni della Convenzione di Palermo alla presenza dei ministri della Giustizia Carlo Nordio e dell’Interno Matteo Piantedosi si è ribadito come la Comunità Internazionale abbia dichiarato “guerra su scala globale al crimine internazionale della tratta di esseri umani e di migranti affinché abbia fine l’adescamento delle vittime e il loro assoggettamento a forme di sfruttamento. Si tratta di crimini odiosi che implicano la grave violazione del diritto internazionale, della dignità umana, della sovranità e sicurezza degli Stati”; il secondo riguarda invece l’approccio e i principi guida in materia di sicurezza umana adottati al vertice NATO di Madrid nel giugno 2022, che forniscono all’Alleanza una posizione comune sul concetto di sicurezza umana e la prima delle 5 aree identificate è proprio la lotta contro la tratta di esseri umani.
«Come componente della commissione sicurezza e difesa del parlamento europeo proprio sul concetto di sicurezza umana», ha concluso: «è nostro dovere, come individui e come comunità, agire per garantire che ogni persona abbia il diritto inalienabile di vivere libera dalla paura e dal bisogno, e di poter realizzare la propria dignità umana. La tratta di esseri umani è un fenomeno che spesso sfugge all’attenzione dei riflettori, ma è una violazione profonda dei diritti fondamentali dell’umanità. È una malattia che si diffonde nell’ombra, privando le vittime della loro libertà e dignità, relegandole a una vita di sfruttamento e oppressione. Questo deve cessare».
È poi intervenuta Stefania Giacomini, che col suo recente romanzo ha dato l’opportunità di convergere sulla scelta del tema odierno. «Il mio thriller “Shopping pericoloso” edizioni All Around racconta la storia di come la vita libera, piena, ricca di stimoli, cosmopolita e gioiosa di tre amiche possa essere stravolta dalla perdita improvvisa della libertà. Il libro offre l’occasione di riflettere sulla necessità di essere più consapevoli, più vigili, più attenti e informati per proteggere le vittime del traffico di esseri umani e per proteggere noi stesse. I tragici eventi che il nostro pianeta sta vivendo con milioni di esseri umani sfollati per via di fame, carestie, guerre e colpi di stato non ci impongono solo una seria riflessione ma auspico azioni concrete per combattere in maniera più efficace questo abominevole traffico. “Shopping pericoloso” parla in particolare della tratta delle schiave bianche ma consente di inquadrare il tema del traffico di esseri umani come un fenomeno barbarico, anti civiltà e non certo cristiano, un fenomeno definito da Papa Francesco “Ferita dell’umanità”».
«Ricordo, infine, che la Conferenza Internazionale Orientamenti pastorali sulla tratta di persone tenutasi nel 2019 non solo ha raccolto dati preziosissimi sul fenomeno, ma ha dato indicazioni su come assistere le vittime di questo odioso fenomeno e prevenirlo».
Nel corso del dibattito sono stati rappresentati diversi punti di vista, il primo intervento è da parte di José Luis Bazán, consigliere legale della Commissione delle conferenze episcoli cattoliche dell’Unione europea (COMECE), profondamente radicato nei principi e nella visione di Papa Francesco su quella che lui stesso ha definito “schiavitù moderna”.
«La COMECE è responsabile del dialogo istituzionale tra la Chiesa cattolica e l’Unione europea, secondo quanto previsto dal trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Il punto di partenza della prospettiva cattolica sulla tratta degli esseri umani non può che essere la dignità umana. Essa è insita, inalienabile e incondizionata che va al di là di ogni circostanza e persino dell’operato della persona stessa. L’essere umano è degno per il mero fatto di appartenere alla specie umana e, come afferma la tradizione cristiana, per il fatto di essere a immagine e somiglianza di Dio. La dignità umana è intrinseca, non può mai essere perduta, deve sempre essere rispettata, nemmeno lo stesso essere umano può rinunciare o disfarsi della sua dignità costitutiva perché essa ha come riferimento obiettivo le esigenze della stessa natura umana. Questa dignità comporta doveri e responsabilità nei confronti di sé e degli altri, non siamo dei meri individui sovrani, bensì delle persone, degli esseri in relazione. La struttura umana non è socialmente atomica, ma potremmo dire molecolare. La dichiarazione del dicastero della dottrina delle fede intitolata “Dignitas infinita”, pubblicata due giorni fa, approfondisce questa e altri aspetti della dignità umana, dedicando giustamente un paragrafo alla tratta di persone come una delle gravi violazioni della dignità umana. Papa Francesco ha utilizzato parole molto incisivo, che cito: “La tratta di persone è un’attività ignobile, una vergogna per le nostre società che si considerano civili, condannando così la cultura in cui impera il feticismo del denaro”. “La tratta” continua il Papa Francesco, “sfigura l’umanità della vittima offendendo la sua libertà e la sua dignità, ma al tempo stesso disumanizza coloro che la effettuano. È un vero e proprio crimine contro l’umanità”. Secondo me parte del problema deriva dalla premessa filosofica che considera il corpo umano come un ornamento accidentale dello spirito umano, che sarebbe, per tale visione, il vero e proprio io. Ed è il postmodernismo che porta alle conseguenze estreme la visione dell’uomo come essere spirituale sovrano, ragione e volontà pure che lottano strenuamente contro le limitazioni che impone il corpo: una realtà esterna e che, in una visione transumanista, bisognerebbe migliorare, potenziare e persino superare. Ma non è questa la visione cristiana dell’essere umano: il mio corpo non è mio, il mio corpo sono io, non è un biglietto da visita che mi identifica o che mi è utile per sbrigarmela in questo mondo, è il mio essere esistenziale, la maniera in cui esisto e, nella fede cristiana, la maniera in cui esisterò in un corpo trasformato, nell’eternità. La battaglia oggi, morale e spirituale, ha come terreno di lotta il corpo umano, il cristianesimo è la religione dell’incarnazione, Dio fatto carne, uno di noi. Se l’essere umano era degno per il fatto di essere a immagine e somiglianza di Dio, dopo l’incarnazione del logos si è divinizzato. Non siamo spiriti incarnati alla maniera platonica, l’anima primigenia che cade nel mondo materiale adottando un corpo. Siamo una materia spiritualizzata, non una materia che per evoluzione diventa spirito, ma una materia basilarmente acquatica, forse resti di polvere di stelle, come alcuni insinuano, fango che grazie al soffio divino ha acquisito un’anima umana. Forma sostanziale del corpo. Non ci sono due regole morali, una dello spirito e una del corpo, l’essere umano è unico, l’ordine morale è unico per l’essere umano nella sua interezza. L’esposizione pubblica del corpo umano, amplificata dalle riviste e dalla televisione inizialmente, da Internet e dai social media, ha portato alla despiritualizzazione del corpo e così si è promossa una visione che fa sì che il corpo possa essere strumentalizzato, utilizzato come mero oggetto. Questo è il terreno concimato dalla tratta di essere umani in particolare di donne e bambini, una cultura crescente di scarto e di indifferenza che dobbiamo sconfiggere. La Chiesa cattolica e i suoi fedeli attraverso numerose istituzioni e progetti è presente nel mondo per difendere e promuovere la dignità delle persone e considera l’eradicazione della tratta una priorità sociale. Dalla sensibilizzazione sociale all’attenzione per le vittime della tratta, le istituzioni cattoliche, ospedali, parrocchie, associazioni, dedicano le proprie energie, le risorse e l’impegno a prevenire la tratta, ad aiutare a identificare le vittime, accompagnandole per ripristinare la loro dignità e reintegrarle nella società. È uno sforzo di tutti a cui la Chiesa contribuisce come parte della sua missione».
«Il messaggio di Bazán richiama alla nostra umanità e solidarietà: è fondamentale mettere sempre le vittime al centro», ha ripreso la parola Bonfrisco. «Ascoltiamo ora il secondo intervento da parte della dottoressa Federica Fiorillo, magistrato italiano, attualmente in servizio in qualità di consigliere presso la Rappresentanza italiana presso l’Unione europea, e che ha recentemente condotto, per conto del governo italiano, le negoziazioni in sede di Consiglio europeo in relazione alla modifica della direttiva europea sulla prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime».
«Tra pochissimo arriverà a definizione il percorso di adozione di una nuova direttiva del Parlamento europeo e del consiglio che modifica la direttiva 36 del 2011 sulla prevenzione e la lotta alla tratta degli esseri umani e la protezione delle vittime», ha spiegato Fiorillo. «Il percorso parte dalla proposta 732 della Commissione europea, presentata nel dicembre 2022, è molto rapido se confrontato con altri atti normativi, proprio per l’importanza dei valori in gioco. Mi limito ad alcuni spunti su tre elementi fondamentali: perché era necessaria una modifica della direttiva in vigore e come è stata attuata, quali sono le principali novità della direttiva. In particolare, quali sono le nuove tipologie di traffico di esseri umani. La nuova direttiva si propone di affrontare le nuove sfide poste dall’evoluzione del fenomeno criminale e di rafforzare il quadro giuridico per combattere e prevenire la tratta. Gli obiettivi alla base della proposta legislativa sono rafforzare la prevenzione del fenomeno e migliorare i sistemi di monitoraggio, rafforzare la risposta sul piano della giustizia penale, garantire assistenza e protezione adeguata alle vittime, ridurre la domanda di servizi offerti attraverso lo sfruttamento delle vittime della tratta. Le nuove forme di sfruttamento dovranno essere obbligatoriamente previste dagli Stati membri come ipotesi di reato di tratta di esseri umani, così per le nuove circostanze aggravanti dirette a cogliere in particolare l’insidiosità delle ipotesi di reato commesse attraverso l’uso delle nuove tecnologie online. È importante prevedere sanzioni efficaci anche per le persone giuridiche, e anche la responsabilità penale di coloro che si avvalgono dei servizi offerti dalle vittime con la consapevolezza che si tratta di vittime di tratta di esseri umani. Quali sono le nuove forme di sfruttamento che possono dar luogo a tratta di esseri umani? L’articolo 2 della direttiva già attualmente in vigore prevede che debbano essere puniti dagli Stati membri comportamenti quali reclutamento, alloggio, trasporto, accoglienza di persone che siano avvenuti con la minaccia o l’uso della forza o altre forme di costrizione oppure con la frode, l’inganno, l’abuso di potere o di una posizione di vulnerabilità e a fini di sfruttamento. Lo sfruttamento è elemento centrale, costitutivo del reato di tratta: il paragrafo 3 dello stesso articolo prevede alcune forme di sfruttamento che, come minimo, devono essere ricomprese dagli Stati membri, tra quelle che possono dar luogo al reato di tratta degli esseri umani. Si tratta dello sfruttamento della prostituzione o di altre forme di sfruttamento sessuale, del lavoro, dei servizi forzati, compreso l’accattonaggio, della schiavitù o pratiche simili, dello sfruttamento di attività illecite e del prelievo di organi. La nuova direttiva include espressamente altre forme di sfruttamento che di per sé già avrebbero potuto rientrare nell’ambito di applicazione dei reati relativi alla tratta di esseri umani qualora fossero stati presenti i requisiti appena descritti. Tuttavia, tenendo conto della gravità di tali pratiche e del numero e della rilevanza dei reati di tratta di esseri umani commessi a fini diversi dallo sfruttamento sessuale o di manodopera, include tre nuove ipotesi che possono dar luogo al fenomeno della tratta. Si tratta della maternità surrogata, dell’adozione illegale e del matrimonio forzato che diventano quindi nuove ipotesi di tratta di esseri umani, la cui criminalizzazione è prevista a livello europeo. Gli ultimi due casi erano già previsti dalla proposta della commissione, mentre l’inclusione della maternità surrogata è avvenuta su richiesta del Parlamento europeo e in sede di triloghi con il Consiglio si è raggiunto l’accordo su questo punto. Quando si parla di tratta, si vuole punire coloro che costringono con la forza o inducono con l’inganno le donne ad agire quali madri surrogate. In tutte e tre le ipotesi le disposizioni della direttiva precisano che sono lasciate impregiudicate le nozioni di matrimonio forzato e adozione illegale previste dal diritto nazionale o internazionale così come per la maternità surrogata sono lasciate impregiudicate le norme nazionali in merito, anche sul piano del diritto penale e di famiglia. Anche in questi casi per il reato dovrà essere prevista una pena massima di almeno 5 anni di reclusione e 10 nelle ipotesi aggravate, perché i dati del 2020 diffusi dalla commissione davano atto che questi nuovi reati di sfruttamento erano saliti all’11% dell’ipotesi totale».
Stefania Giacomini ha poi introdotto gli interventi di Maddalena Cialdella e di Stefano Dominella.
«Il 70% delle persone vittime di tratta è di sesso femminile, con un’alta percentuale di ragazze minorenni». ha riferito Cialdella, psicologa e psicoterapeuta, consulente dei tribunali di Roma. «Sebbene questa violenza sia stata spesso molto ben documentata, la salute psicologica delle persone sottoposte a questo crimine è un argomento non ampiamente studiato, mentre proprio da questo punto di vista produce un profondo danno. Le vittime vengono definite politraumatizzate e molti sono i sintomi che mettono in evidenza. Per esempio la depressione, il disturbo post traumatico da stress e l’ansia. La depressione, per esempio, viene spesso rilevata tra le donne abusate sessualmente. Varie ricerche hanno dimostrato che le donne vittime della tratta presentano sintomi simili a chi ha subito torture: reazioni psicosomatiche, abuso di sostanze psicoattive, dipendenza, aggressività, ostilità e molto spesso anche ideazione suicidaria. Uno studio effettuato sulla popolazione femminile, ha rilevato che nelle donne vittime della tratta, la percentuale di sintomi depressivi è del 60% circa, quasi il doppio rispetto a quella riscontrata in un campione di controllo. Possiamo dire che la tratta è un’esperienza traumatica devastante che comporta una disgregazione della personalità, fenomeni di dissociazione e perdita d’identità. A tutto questo dolore le persone reagiscono con meccanismi di difesa, come per esempio la rimozione, meccanismo psichico inconscio che allontana dalla consapevolezza del soggetto quei pensieri considerati inaccettabili, la cui presenza provocherebbe ansia e angoscia. Fino ad arrivare addirittura al meccanismo di identificazione con l’aggressore: comportamento paradossale in cui la vittima sembra instaurare una sorta di legame affettivo con l’aggressore, un legame che in psicologia viene definito traumatico, e descrive i sentimenti e i comportamenti positivi verso gli aggressori e nonostante i danni subiti. Questo succede perché il terrore e l’angoscia portano come conseguenza una sorta di regressione infantile che induce l’individuo ad avvertire quasi una sorta di sentimento di gratitudine nei confronti dell’aggressore perché inizia a vederlo come qualcuno che soddisfa le sue esigenze basilari. Il persecutore è quella stessa persona che dà da mangiare, consente di andare in bagno la vittima. Il legame emotivo è quindi una strategia di sopravvivenza: la vittima crede che se si sottomette avrà maggiori possibilità di sopravvivere. L’assistenza psicologica diviene dunque fondamentale: gli psicologi che lavorano con le vittime della tratta devono essere formati e capaci di lavorare in team interdisciplinari. Serve una politica di prevenzione affiancata da un’assistenza concreta, di sostegno psicologico, di inserimento sociale e lavorativo per ridare dignità alle vittime».
Stefano Dominella, presidente della maison Gattinoni, è intervenuto per raccontare come l’industria della moda e la griffe che rappresenta si oppongano alla schiavitù della donna.
«Sono con voi per porre l’attenzione su un argomento che passa spesso inosservato: il ruolo dell’industria della moda nell’assicurare la libertà delle donne e contrastare forme di schiavitù moderna. L’industria della moda, che in Italia produce circa 95 miliardi di euro e dà lavoro a oltre 600 mila persone di cui il 48% sono donne, può anche essere un lavoro per le donne vittime di tratte indegne. L’industria della moda non è solamente una questione di stile e tendenze, ma funge da catalizzatore per l’emancipazione femminile e la giustizia sociale. Prima di tutto, va sottolineato come la moda abbia il potere di influenzare le norme sociali e le percezioni. È un settore direttamente o indirettamente seguito da noi tutti. Dai bozzetti alla realizzazione delle collezioni, dalle sfilate alle riviste di settore, dai dibattiti sui social media alle cerimonie internazionali di assegnazioni di premi nelle arti, la moda rende sempre visibile una rappresentazione diversificata di corpi, etnie, età, capacità, ricchezza e spessore al femminile. Nel far ciò l’industria della moda promuove l’inclusività, sostiene l’emancipazione femminile e continua a riaffermare e a rafforzare le diverse identità e capacità delle donne. In secondo luogo, la moda da sempre sostiene e incoraggia le imprese a conduzione femminile, e tale sostegno è essenziale per l’emancipazione economica delle donne. Offrire finanziamenti e risorse alle donne imprenditrici è fondamentale per realizzare la parità di genere così come lo è offrire programmi di istruzione e formazione professionale nel settore della moda che possono dare alle donne competenze e conoscenze preziose per avere successo.
Inoltre, non deve essere ignorato come l’industria della moda possa utilizzare la propria piattaforma e influenza per sostenere i diritti delle donne e la giustizia sociale. Collaborando con organizzazioni che difendono i diritti umani come l’uguaglianza di genere, i diritti riproduttivi, un commercio equo e solidale, un approvvigionamento etico e un uso etico dell’abbigliamento, l’industria può sensibilizzare e promuovere cambiamenti di mentalità e cambiamenti sociali positivi. Soprattutto l’etica e la sostenibilità sono valori apprezzati e portati avanti dai nostri giovani, cittadini del domani e il nostro pianeta ha bisogno di essere salvato
Nella lotta contro la tratta di esseri umani, l’industria della moda può giocare un ruolo cruciale. In molti casi la tratta di esseri umani si verifica all’interno delle catene di approvvigionamento dei marchi di moda, dove i lavoratori, in prevalenza donne, sono sottoposti a condizioni di sfruttamento lavorativo. Ecco perché la trasparenza della catena di approvvigionamento è essenziale per evitare che il lavoro delle donne degeneri in sfruttamento e schiavitù. Inoltre, promuovendo la leadership femminile nel settore della moda, si può contribuire a creare un ambiente lavorativo più equo e contrastare quelle disparità di genere ancora diffuse in alcuni paesi, e che possono rendere le donne più vulnerabili alla schiavitù moderna nei contesti lavorativi. Infine, sensibilizzare il pubblico è cruciale. I marchi possono utilizzare la propria influenza sociale per informare meglio i consumatori sulla realtà della tratta di esseri umani e promuovere azioni politiche e altre iniziative volte a combatterla. Solo lavorando insieme possiamo fare la differenza e creare un mondo più giusto ed equo per tutte le donne».
Giacomini, a conclusione del dibattito, ha presentato 4 testimonianze preregistrate da esponenti del cinema, del teatro dello spettacolo e del giornalismo che hanno letto “Shopping pericoloso” e compreso il messaggio che trasmette.
Mita Medici, figlia d’arte nota al grande pubblico non solo come ex ragazza del Piper ma per aver partecipato a film e sceneggiati d’autore e anche come conduttrice televisiva, ha sottolineato come sarebbe importante realizzare uno sceneggiato o una serie tv sul problema della tratta degli esseri umani per conoscerlo e sviscerarlo. Se n’è occupato il film “Terra promessa” di Amos Gitai.
Quanto è importante il rispetto dell’altro? Il tema è caro a Pino Ammendola artista a tutto campo: carriera iniziata negli anni ‘60 come attore, doppiatore, regista e drammaturgo italiano. I suoi spettacoli di grande successo hanno sempre messaggi profondi. «Quando ho scoperto che le storie del libro erano vere, mi si è aperto un mondo», ha raccontato Ammendola. «Faccio un mestiere che forse può avvicinare le persone, può essere l’occasione per superare le barriere, e anche far capire come non nessuno possa pensare di usare altri esseri umani come merce. Attraverso tutte le forme dell’arte si può capire che siamo tutti realmente uguali, tutti bisognosi di attenzione e con il diritto di una grande dignità».
Un aspetto importante è la trasmissione del proprio sapere ai giovani, saper imparare correttamente la propria lingua è anche questa una buona pratica contro l’abbrutimento e a favore del rispetto di sé. Maria Letizia Gorga, attrice di cinema, tv e cantante, autrice e docente di recitazione, ha sottolineato come si debba trasmettere, a partire proprio dalle scuole, il valore dell’unicità. «Se ciascuno riconosce la propria voce nel modo sa anche connetterla con le altre. Educare al valore delle radici del nostro Paese e della più grande Europa serve a rendere più costruttivo il dialogo con le altre realtà e civiltà, una consapevolezza maggiore della propria identità».
Valori di fratellanza, solidarietà, tradizione, rispetto dell’identità principi europei che non dovremmo mai stancarci di comunicare. Ecco la testimonianza della collega Annapaola Ricci, spesso inviata all’estero, giornalista del Tg1 Rai e sensibile a tematiche sociali: «La piaga della schiavitù non è morta, bisogna parlarne, scriverne, registrare, illuminare questa realtà che allignano grazie e complicità insospettabili».
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