L’Unione Europea deve stabilizzare l’area del Mediterraneo del Sud, contrastare il terrorismo e costruire la pace. Ma ha bisogno di una forza d’intervento rapida e autonoma e di investimenti in campo economico, per esempio sviluppando le reti energetiche e avallando il piano Mattei
L’Unione europea è circondata da tensioni costanti nelle sue regioni periferiche e, in particolare, nella politicamente instabile area del Mediterraneo del Sud. È destabilizzata da una combinazione di conflitti transnazionali e interstatali di vasta portata ad alta e bassa intensità. Minacce ibride e tattiche asimmetriche. Dalla Libia al Sahel, lo scenario generale di crisi può essere visualizzato con la “reazione triangolare” tra l’instabilità, le migrazioni incontrollate e il terrorismo.
L’obiettivo europeo e atlantico è uno: fare di più e meglio insieme per fermare le continue atrocità di massa che creano instabilità nella comunità internazionale e che impediscono la pianificazione di uno sviluppo migliore per tutti, come ci insegnano le recenti vicende del popolo ucraino, e come ci ha insegnato l’amara lezione dell’Afghanistan. “Il Mediterraneo deve tornare a essere luogo d’incontro tra diverse culture”, sostiene l’europarlamentare del Gruppo ID, Anna Cinzia Bonfrisco. “Dobbiamo cooperare per promuovere la pace, la stabilità e lo sviluppo sostenibile, fornendo sostegno economico e umanitario, nonché assistenza tecnica per rafforzare le istituzioni e la capacità di sicurezza dell’intera regione Euro-Mediterranea-Africana, così come l’ha definita anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella”.
I capi di Stato o di governo dell’UE riuniti a Versailles l’11 marzo si sono impegnati a “rafforzare le capacità di difesa europee” alla luce dell’aggressione militare russa contro l’Ucraina. Hanno convenuto “di incrementare le spese per la difesa, intensificare la cooperazione attraverso progetti congiunti e appalti comuni di capacità di difesa, colmare le carenze, stimolare l’innovazione”, nonché secondo l’emendamento presentato da Anna Cinzia Bonfrisco, “rafforzare e sviluppare l’industria della difesa dell’UE, perseguendo una linea d’azione strategica per aumentare la capacità dell’Unione di agire autonomamente nel campo della difesa, in complementarità con l’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico”.
Il Mediterraneo è citato nella Bussola strategica per la sicurezza e la difesa, presentata nel 2022. Perciò è ormai improcrastinabile la creazione di una difesa comune che preveda, innanzitutto, l’istituzione di una capacità di dispiegamento rapido dell’Unione europea in un contesto geopolitico in evoluzione. Si sono già svolte numerose esercitazioni militari europee nel Mediterraneo: Noble Jump a Capo Teulada in Sardegna con 700 soldati tedeschi; Defender 23 con truppe provenienti da 20 nazioni alleate e partner; African lion 23 cui partecipano membri delle forze armate tunisine e dell’esercito degli Stati Uniti con oltre 18 like-minded nations e circa 8 mila militari, con lo US Africa command, lo EU European command e lo US Central command.
L’Unione europea deve sostenere lo Stato di diritto ovunque e i paesi partner africani nei settori della prevenzione dei conflitti, della mediazione, della costruzione della pace e della gestione delle crisi.
Il piano Mattei dell’Italia (ma anche il piano Marshall per l’Africa, lanciato dal governo tedesco) nasce dalla convinzione che il continente africano, nostro vicino, rivesta un’importanza crescente nel mondo e per il futuro dell’Europa. Prevede di trasformare l’Italia in un importante hub energetico al centro del Mediterraneo, ha l’ambizione di riorientare l’approvvigionamento energetico europeo, ora che la crisi ucraina ha evidenziato la dipendenza dal gas russo, invertendo i flussi dal nord Europa con le forniture dal Nord Africa e dal Mediterraneo al resto d’Europa. Un nuovo asse “Sud-Nord” che collega le abbondanti risorse rinnovabili e di combustibili fossili del continente africano con il mercato europeo.
Un modello virtuoso di collaborazione e crescita tra Ue e Paesi africani, con l’obiettivo di contrastare il radicalismo islamista, promuovere la stabilizzazione sociale e sostenere lo sviluppo economico investendo in settori strategici come quello energetico.
Sono necessari investimenti per consentire a tre Stati dell’Unione, Italia appunto, insieme a Grecia e Cipro, di assumere il ruolo di offtaker, sviluppando le proprie reti energetiche. Una strategia che va inquadrata nelle politiche di transizione ambientale ed energetica portate avanti dall’Unione europea. Va bene, dunque, espandere l’utilizzo del Gas Naturale Liquefatto (GNL), ma dobbiamo tenere conto che le capacità di liquefazione vicino ai giacimenti sono limitate e si riducono di fatto alle sole due linee di Damietta in Egitto. Servono, quindi, ulteriori investimenti pubblico-privati volti a incrementare la capacità di produzione ed esportazione di energia da fonti rinnovabili in particolare da solare ed eolico e, in secondo luogo, dall’idrogeno.
Nel volgere nuovamente lo sguardo alla regione, i diplomatici statunitensi, così come quelli europei, devono essere consapevoli del rischio che una “corsa all’oro” per il gas possa aggravare controversie croniche. Inoltre, devono anche fare attenzione ad allineare il sostegno ai nuovi progetti energetici con gli obiettivi climatici. (foto di Eirik Rognan)