Un importante studio che analizza la tematica dei diritti umani in riferimento all’ergastolo ostativo, presente nell’ ordinamento giudiziario italiano. Il Parlamento europeo può giocare in ruolo determinante, non solo per l’Italia, ma tutti i paesi dell’area UE, sul rispetto della dignità del condannato
“Duole dover sottolineare l’esistenza di casi in Italia, non isolati, in cui attraverso l’applicazione della pena dell’ergastolo ostativo il Legislatore si spinge fino a “disconoscere” la dignità umana, negando cioè diritti che dovrebbero rivivere dopo un lungo percorso detentivo”. È quanto afferma Pamela Strippoli, avvocato del Foro di Roma, patrocinante in Cassazione e Corti Superiori, nel lavoro predisposto per il gruppo parlamentare Identità e Democrazia intitolato “Il rispetto dei diritti umani in Europa e l’ergastolo ostativo”.
La disciplina, contenuta nell’articolo 4-bis dell’ordinamento penitenziario (legge 26 luglio 1975, n. 354), introduce a carico del condannato per reati “ostativi” che non collabori utilmente con la giustizia, una presunzione di perdurante pericolosità. A causa di tale presunzione, assoluta cioè non superabile se non per effetto della stessa collaborazione, le richieste del detenuto di accedere alla liberazione condizionale così come agli altri benefici penitenziari e alle misure alternative alla detenzione non possono che essere dichiarate inammissibili. Come è noto per il clamore mediatico connesso, la Corte europea dei diritti umani, nel caso Viola contro Italia ha stabilito in modo tranciante che l’ergastolo non riducibile, cosiddetto “ostativo” viola il divieto di trattamenti degradanti e inumani e il generale rispetto della dignità umana. La Corte costituzionale ha sollecitato in più occasioni un intervento di adeguamento costituzionale del regime penitenziario ostativo e, lo scorso 31 ottobre, il Governo ha introdotto nuove regole per l’ergastolo ostativo per ovviare al mancato esito parlamentare. Si attende ora una nuova valutazione della Suprema corte.
“Crediamo che il Parlamento Europeo possa giocare ruolo determinante, che non riguarda solo l’Italia, ma tutti i paesi dell’area UE, sul rispetto dei diritti umani, che non resti solo mero manicheismo, ma sostanza e artefice di un rispetto a 360° della dignità della persona”, scrive ancora Strippoli. “Oggi dobbiamo avere la forza di saper coniugare, anche in quella che può essere una lunga detenzione, la capacità di non perdere la necessaria funzione “educativa” della stessa”.
Il saggio analizza la questione della dignità umana, nella sua evoluzione, la funzione rieducativa della pena nell’ordinamento giuridico italiano, per poi passare a un breve excursus storico proprio sull’ergastolo, dai romani al Codice Rocco, arrivando ai nostri giorni e alla differenza tra ergastolo ostativo e “semplice”, prendendo in esame il dibattito recente, intervenuto in relazione al caso Viola. Prende in considerazione, quindi, altri due casi “di scuola”: Mandalà e Saccone. Quindi esamina il fenomeno tutto italiano del pentitismo. Un capitolo a parte meritano le parole di Papa Francesco che non manca occasione per richiamare l’attenzione sulla inadeguatezza di una condanna, definita alla pari di una “morte nascosta”, una sanzione che toglie al condannato ogni speranza, una pena senza futuro, insomma “un problema da risolvere”.
I vari sistemi giudiziari europei, per molti tratti in similitudine tra di loro, proprio per via di radici giuridiche e culturali comuni, stanno agendo su quelle misure che ormai appaiono una palese violazione del principio di umanità e dignità della persona. In questo saggio Strippoli ricorda, in conclusione, che “il gruppo ID, nel suo programma politico, ai punti 5 e 6, fa sua la necessità di tutelare la libertà individuale, intesa nelle molteplici accezioni, nonché di agevolare lo sviluppo di una coscienza politica critica nei popoli europei. È su queste pietre angolari che auspichiamo che il parlamento europeo sia parte istante di una revisione delle modalità detentive in vigore nel vecchio continente”.
“Non basta una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, non basta un richiamo da parte del Consiglio dei Ministri europei, e purtroppo non è bastato sollevare profili d’incostituzionalità, è necessario offrire un ventaglio di soluzioni, che possa garantire all’Italia, un sostegno fondamentale nei progetti e percorsi di rieducazione del condannato, che il ruolo esercitato dalla Giurisprudenza sia completato con quello legislativo, essendo compito del legislatore colmare lacune così evidenti, che ancora oggi minano la tutela della dignità umana. Chi scrive auspica che queste istanze non vengano disattese, perché un intervento non è più rinviabile, e il fattore tempo assume un ruolo centrale per chi si trova attualmente in carcere e magari lo è da oltre trenta anni e quella dignità l’ha perduta. Parlare di diritti umani significa dire consapevolezza di altissima responsabilità personale e sociale, da spendere in termini di solidarietà e di servizio alla comunità. Ognuno di noi può fare la propria parte”.