Stati Uniti e UE hanno commesso molti errori in Afghanistan. Con il ritorno al potere dei talebani e il ritiro delle truppe americane e della NATO, si è instaurato un nuovo rapporto con l’Unione Europea. Tuttavia appare che il percorso verso la democrazia e la costruzione di uno stato di diritto in Afghanistan siano per il momento non negoziabili
Il presente studio di Aijad Mohammadi prende le mosse dallo scambio di opinioni con il segretario generale aggiunto per le operazioni della NATO, John Manza, da parte della Sottocommissione per la Sicurezza e la Difesa (SEDE), in Collaborazione con la Delegazione per i Rapporti con l’Assemblea Parlamentare della NATO (DNAT) per focalizzarsi sui possibili insegnamenti tratti dalla vicenda recente dell’Afghanistan.
Traccia un quadro della storia del Paese dal 2001, quando si insedia l’Autorità Interinale Afgana, a seguito della Risoluzione n. 1378 dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) per garantire un futuro politico all’Afghanistan. Purtroppo, i governi di Hamid Karzai e quello di Ashraf Ghani non hanno sanato l’instabilità politica né protetto dal terrorismo di matrice talebana. Il Dialogo Intra-Afgano, convocato con gli sforzi congiunti di Germania e Qatar nel luglio 2020 a Doha, sembrava poter porre fine a un conflitto che perdurava da 45 anni. Tuttavia i Talebani hanno sempre rifiutato la richiesta di proclamare un cessate il fuoco da parte della società civile, del governo Ghani e della comunità internazionale. L’esercito afgano ha resistito contro i Talebani su tutto il territorio del Paese senza ricevere alcun appoggio esterno. E a causa della carenza di munizioni, la cui esportazione era stata bloccata, è risultato incapace di arginare l’avanzata. Molti comandanti e alti gradi dell’esercito avevano già abbandonato l’Afghanistan per migrare in altri Paesi; dunque, la resistenza si è trovata senza una vera coordinazione e una catena di comando preparata.
L’Afghanistan è oggi tra i Paesi più poveri al mondo, con un PIL pro capite di 516.7 dollari (Dati: OECD, Banca Mondiale). La società afgana è caratterizzata da immense disuguaglianze sociali, con la quasi totalità della ricchezza del Paese, generata dalle attività estrattive, in mano alla ristretta élite che ha governato il paese negli ultimi anni, indirizzandolo secondo la propria volontà. Il livello di corruzione è altissimo e ha inoltre minato la fiducia nello sforzo di ricostruzione internazionale. Secondo il presente studio, anche nepotismo e clientelismo, presenti a ogni livello della vita sociale, amministrativa ed economica del Paese, ne minano ogni slancio, ma è il terrorismo che porta instabilità, rovina l’economia e sconvolge la vita della popolazione civile, mettendo direttamente in pericolo la vita delle persone. Oltre ai talebani, in Afghanistan più di 50 tra piccoli e grandi gruppi sono coinvolti in atti terroristici. A causa del ritorno al potere dei Talebani, l’Afghanistan è entrato in una pericolosa spirale di violenza e anarchia.
L’Unione Europea e i suoi Stati membri hanno continuato a versare denaro nel Paese: fino il 2021, hanno contribuito con circa 11 miliardi di euro agli sforzi multilaterali per la ricostruzione, un importo che ha persino superato il contributo di 8,5 miliardi di euro che gli Stati Uniti avevano versato per la ricostruzione internazionale. Secondo Mohammadi, L’UE avrebbe dovuto essere un partner più attivamente critico, opponendosi ad un approccio eccessivamente centralizzato: i programmi di aiuto europei e anche quelli statunitensi, pensati per rafforzare le istituzioni statali, hanno invece rafforzato gli interessi personali di chi si trovava in posizioni di potere e non il bene comune.
Con il ritorno al potere dei talebani e il ritiro delle truppe americane e della NATO, si è instaurato un nuovo rapporto tra Unione Europea e Afghanistan. Pur non avendo formalmente riconosciuto il governo talebano, l’Unione Europea mantiene un impegno operativo con il nuovo regime. Questo impegno è la linea d’azione più viabile, poiché accetta il contesto locale e le realtà geopolitiche della rinnovata attenzione diplomatica russa e cinese verso il Paese. I governi europei e le istituzioni dell’UE si trovano ora obbligati ad accettare che l’intero percorso verso la democrazia e la costruzione di uno stato di diritto in Afghanistan siano per il momento non negoziabili.