Il bilancio di sostenibilità, alla luce della recente pandemia, può essere il mezzo attraverso il quale contemperare le esigenze economiche con le qualità valoriali che appartengono all’umanità. Alla ricerca di un “possibile bene comune” attraverso lo sviluppo sostenibile e un’economia più umana ed etica.
La definizione oggi ampiamente condivisa di “sviluppo sostenibile” è quella contenuta nel rapporto Brundtland, elaborato nel 1987 dalla Commissione mondiale sull’ambiente e lo sviluppo (https://sustainabledevelopment.un.org/content/documents/5987our-common-future.pdf): “Lo sviluppo sostenibile, lungi dall’essere una definitiva condizione di armonia, è piuttosto processo di cambiamento tale per cui lo sfruttamento delle risorse, la direzione degli investimenti, l’orientamento dello sviluppo tecnologico e i cambiamenti istituzionali siano resi coerenti con i bisogni futuri oltre che con gli attuali”.
Lo studio qui allegato del professor Fabrizio Pezzani, commissionato dal gruppo politico del Parlamento europeo Identità e Democrazia, analizza come sia possibile lo “sviluppo etico” della società contemporanea, unendo le competenze economiche a un bagaglio valoriale. Prende perciò le mosse da un robusto impianto teorico e storico, accompagnato da testimonianze e schemi di analisi della realtà (politica ed economica), fino a concludere con l’esempio virtuoso di bilancio di sostenibilità operato da un’azienda alimentare che opera nella provincia di Parma.
Il bilancio di sostenibilità è un documento che contiene le valutazioni in merito all’impatto economico, ambientale e sociale di un’azienda. Secondo l’autore, il bilancio di sostenibilità sottende e promuove “un nuovo modello socioculturale che ci consenta di rafforzare le relazioni sociali superando l’individualismo esasperato”. Questo è tanto più vero in questo momento in cui la pandemia, come una piaga biblica, ha messo gli uomini di fronte ai loro errori con una violenza drammatica. “Le risposte all’eterna domanda della vita e della felicità vanno ricercate nelle radici della nostra storia e della nostra tradizione; i modelli culturali ripresi dall’economia aziendale italiana riaffermano con la forza dell’evidenza la necessità di comporre il bene individuale con quello collettivo in modo che, a vario titolo, ognuno possa contribuire alla definizione di un possibile bene comune”.